Nuove tecnologie ed evoluzione dei linguaggi musicali

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Gio71@
00venerdì 24 febbraio 2012 08:32
Da sempre i fondamentali approcci alla musica sono stati due: un primo di tradizione colta, con una propria scrittura, che poteva essere tramandato attraverso l’uso di simboli astratti e definiti (la scrittura appunto); un secondo di tradizione popolare che utilizzava l’oralità e il racconto come sistemi di mantenimento della memoria e di trasmissione di regole e significati musicali.
Il primo approccio, condizionato da una forte rigidità (data dall’uso della simbologia scritta), si opponeva spesso ad una elasticità ed originalità di pensiero. L’altro era talvolta disarticolato dalle imprecisioni della trasmissione orale, soggetta all’attraversamento di culture diverse con lingue e codici comportamentali mai uguali, intrisa però di continue novità e evoluzioni sorprendenti.
In questi due mondi spesso lontani, apparentemente senza possibilità di comunicare poiché basati su schemi comportamentali che presuppongono metodologie differenti, unico punto di contatto è stato lo strumento musicale, in ultima analisi dunque la tecnologia. Fino a che la tecnologia rimase limitata al campo dello strumento musicale (evoluzione dal clavicembalo al pianoforte, dalle trombe naturali a quelle a pistoni, dal liuto alla chitarra e così via) i rivolgimenti di carattere estetico e produttivo rimasero strettamente all’interno del mondo musicale; nel momento stesso in cui la tecnologia permise di progettare strumenti polivalenti, il mondo musicale venne immediatamente sottoposto ad un costante e radicale cambiamento.
Partiamo dalla fine del XIX secolo. L’invenzione del grammofono ( progetto sviluppato tra 1877 e il 1896) permise per la prima volta di dissociare l’ascolto della musica alla necessaria presenza di un musicista con il suo strumento o dalla propria perizia come musicista dilettante. Si poteva ascoltare musica senza avere un pianoforte, si poteva ascoltare un’orchestra in casa propria; era possibile ascoltare un brano ogni volta che si desiderava. La presenza del musicista non era più una necessità oggettiva per poter ascoltare musica. Nel 1898 in Danimarca viene brevettato il Telegraphone; un apparecchio che permette di registrare e riascoltare i suoni. Nel giro di pochi anni si concretizza la possibilità di produrre e ascoltare qualsiasi tipo di musica e sonorità senza aver bisogno della presenza di musicisti o dei suoni originali.
Per la prima volta possono essere concepiti degli ambienti sonori virtuali; possiamo trasformare il nostro salotto in una sala da concerto oppure ascoltare il canto degli uccelli o rumori di ruscelli comodamente seduti in un prezioso sofà e così via. Nel mezzo di questo impatto di carattere tecnologico, che disarticolava il rapporto tra musica e società, rimaneva, tuttavia, la realtà relativa alla ancora molto bassa qualità dei mezzi tecnici per cui la differenza tra ascoltare una registrazione ed una esecuzione musicale dal vivo era molto significativa.
Tuttavia con il passare degli anni i progressi tecnologici hanno permesso un miglioramento progressivo delle componenti e dei prodotti aumentando, di conseguenza, la qualità della produzione, della riproduzione e dell’ascolto ed in breve raggiungendo livelli qualitativi molto alti, tali da poter equiparare l’ascolto della musica registrata alla qualità espressa in un concerto. Radio e televisione hanno contribuito ad aumentare la possibilità di ascoltare e “vedere” musica prescindendo dalla reale presenza del musicista.
Grammofono, registratore, audio cassette, compact disc fino ai più avanzati sistemi di riproduzione multicanale hanno, nel corso di poco più di un secolo, obbligato il mondo musicale ad un continuo assestamento sia creativo che produttivo.
Questo assestamento è stato un vero e proprio terremoto quando l’informatica, regina di tutte le tecnologie è intervenuta senza più indugi nel mondo della musica. Prima a livello professionale poi nel mercato consumer, ha proposto modalità operative fino ad allora impensabili. Se per i professionisti si è trattato di modalità tecniche, operative, certamente innovative ma legate pur sempre ad un lavoro ben preciso, nel vastissimo mercato “consumer” ciò ha spalancato una porta di carattere creativo con conseguenze, all’inizio, difficilmente ipotizzabili.
Tutto questo percorso si è concretizzato in un periodo molto breve e cioè dall’inizio degli anni 70, in cui venne messo a punto il primo sintetizzatore ibrido analogico / digitale e il 1984, quando la Yamaha mise sul mercato il DX 7, sintetizzatore digitale programmabile in Modulazione di Frequenza.
Sin dagli inizi del secolo scorso è stata infatti la tecnologia che ha permesso ai due mondi di parlarsi. L’invenzione del grammofono e poi del registratore magnetico ha consentito alla musica non scritta di essere riascoltata e quindi di essere rielaborata, anche a distanza di tempo e luogo, come da sempre è stato per la musica colta grazie all’ausilio della scrittura.
Ma ora c’è qualcosa di più. La tecnologia ha offerto la possibilità di operare musicalmente anche a coloro che non hanno mai fatto parte della categoria dei musicisti tradizionalmente intesi.
Così non solamente pianisti, chitarristi e strumentisti in genere sono stati in grado di proporre un ascolto musicale, ma anche i selezionatori di dischi (i padri dei d.j. attuali), i montatori audio e i programmatori radiofonici hanno potuto offrire emozioni musicali talvolta originali, scegliendo combinazioni e misture di musiche tali da creare nuove forme musicali. Si è trattato di un processo lento e talvolta involontario che oggi presenta il conto.
Sotto la spinta di tecnologie sempre più avanzate e al tempo stesso sempre più vicine alle possibilità del vasto pubblico dei giovani, ci troviamo ora di fronte al fenomeno dell’autoproduzione musicale equiparabile alla diffusione della chitarra tra i giovani degli anni ’70. Tuttavia se negli anni passati la chitarra serviva soprattutto a suonare i brani musicali più in voga, l’utilizzo odierno dei computer con i relativi software musicali consente un uso assai più creativo che la semplice riproposizione del brano originale.
Ma cosa può significare “autoprodurre musica”? Che differenza c’è tra suonare e produrre musica? La produzione copre tutti gli aspetti dell’esperienza musicale: dallo stimolo creativo alla realizzazione tecnica, dalle necessità organizzative per impostare una brano musicale agli aspetti della comunicazione e della diffusione. Un musicista che si autoproduce compie un percorso intero attraverso tutti gli aspetti della sua idea creativa che, in quanto creatore, conosce e può comunicare meglio di chiunque altro. L’idea di poter realizzare da solo tutti i passaggi necessari alla nascita della propria musica può dare maggiore forza alle idee.
Oltre alla tradizionali tecniche di utilizzo del suono (sintesi, registrazione ecc.) si può, attraverso l’uso delle tecnologie, selezionare parti, anche molto piccole, di brani famosi (sample), reiterarne l’uso (loop), modificarne altezza e velocità, equalizzarne il suono. Destrutturare le canzoni e ricomporle secondo criteri apparentemente illogici crea un enorme problema dal punto di vista del diritto d’autore, ma offre la possibilità di esplorare nuovi comportamenti musicali e, soprattutto, apre lo spazio a nuovi soggetti provenienti da altri mondi ma interessati ad utilizzare il linguaggio musicale come mezzo di espressione e pensiero.
Lo scompiglio è forte e la tentazione, da parte dei musicisti tradizionalmente coinvolti nel lavoro creativo, di negare la validità musicale di tale procedimento è altrettanto pressante anche se assolutamente negativa ad antistorica. È necessario cercare un punto di contatto per poter trovare nuove energie da immettere in un mondo stretto tra logiche commerciali esasperate ed estreme nicchie autoreferenziali.
Ancora, dunque, la tecnologia può essere d’aiuto anche se va rilevato che lo scenario attuale possiede un elemento di sostanziale differenza rispetto al passato. Per i musicisti l’evoluzione tecnica è sempre rimasta legata al singolo strumento; dal clavicembalo al fortepiano sino al pianoforte, la tecnica esecutiva dello strumento aveva una propria continuità, così per gli strumenti a fiato e per gli archi. Nel caso delle applicazioni tecnologiche attuali ci troviamo di fronte a nuovi strumenti musicali che operano senza necessariamente riprodurre modelli di tecnica esecutiva già noti; cioè anche un soggetto completamente sprovvisto di tecnica pianistica – ad esempio – sarà in grado di montare, trasformare e costruire un nuovo brano musicale fatto di note complesse, di “memorie” di altre musiche e di suoni appartenenti al mondo quotidiano.
Non solo il fatto musicale in sé sta cambiando, ma anche l’ambiente circostante, i metodi di diffusione della musica, il modo di stampare i supporti (CD, DVD, partiture e spartiti), e perfino il gusto e i tempi dell’ascolto si sono modificati o si stanno modificando radicalmente.
Proprio in virtù di queste trasformazioni “inesorabili” e per nulla “lente” sarà assolutamente necessario riconsiderare una nuova metodologia di approccio al fenomeno musicale nei diversi aspetti in cui adesso si presenta.
Innanzi tutto la musica è un mondo estetico oggi assai più vasto che nel passato e di ciò gli indirizzi didattici dovranno tenerne conto. In secondo luogo sarebbe sbagliato non evidenziare tutte le relazioni di continuità tra i diversi periodi della musica e le “diverse musiche” con una particolare attenzione per il periodo che va dall’inizio del Novecento ai giorni nostri.
Sono questioni di metodo che, nonostante le veloci trasformazioni dell’estetica, del gusto e delle tecnologie, permangono come punti nodali di ogni azione creativa e produttiva. La volontà e la capacità di controllare lo strumento che si utilizza è un atteggiamento valido non solo nel campo musicale, poiché la scelta di studiare il presente attraverso la conoscenza della storia offre opportunità decisive in ogni campo delle attività umane.
Per queste ragioni esiste la necessità di creare modelli formativi che permettano di utilizzare la metafora della musica come esempio di formazione quotidiana. “L’autoproduzione musicale” diventa quindi un mezzo per “autoprodurre” la propria crescita intellettuale e creativa, fatta di relazioni interiori e interpersonali.
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