A rischio il cacao per le uova di Pasqua La ricerca corre ai ripari Selezionate piante non Ogm con i frutti che maturano sei mesi prima

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Arianna
00lunedì 9 aprile 2012 04:06
MILANO - Basta un uovo di Pasqua per far felice un bambino. Nel mondo, il consumo di cioccolato è aumentato del 14% negli ultimi cinque anni. Festività a parte. Ma, paradossalmente, la produzione di cacao si sta contraendo. Il motivo? Non è facile coltivare il cacao: i suoi alberi sono facilmente attaccabili da malattie e funghi, per cui gli agricoltori preferiscono dedicarsi a prodotti più sicuri. Oggi, il 30% soltanto delle piante genera il 70% del raccolto. Inoltre, una parte del raccolto, pari a un 30-40%, è da buttare. Vuoi le malattie. Vuoi la cattiva conservazione, unita all'aggressione degli insetti (la produzione avviene in ambienti caldi).

L'indispensabile cacao
               
NON OGM - Per incrementare lo sviluppo del cacao, la ricerca scientifica sta facendo passi da gigante, selezionando vegetali più resistenti, di buona qualità, e dalla vita lunga. Al centro di ricerca Nestlé a Tours (Francia) creano in laboratorio le piantine più performanti. E non sono Ogm. Queste nascono in vitro, partendo da cellule scelte. Formano «embrioni», alimentati con zucchero, ossigeno e luce, dai quali si manifestano le prime foglie e le prime radici. Il risultato, dopo dieci anni di ricerca, è possibile grazie a un processo naturale conosciuto come moltiplicazione accelerata, che non implica alcuna modificazione genetica.

SEI MESI PRIMA - «Con le nostre piante i primi frutti appaiono sei mesi prima del previsto», spiega Pierre Broun, a capo del centro di ricerca di Tours, «di conseguenza la raccolta si fa dopo 18 mesi e non dopo due anni. In più, le fave di cacao che ne derivano sono di primissima qualità. Per ogni Paese produttore va fatta una selezione specifica perché le piante si devono adattare all'ambiente in cui dovranno crescere e ai problemi specifici delle location. Per esempio, in Ecuador una delle due malattie che compromettono la produzione è stata eliminata con la selezione», aggiunge Broun. «C'è ancora tanto lavoro da mandare avanti, ecco perché collaboriamo con trenta centri di ricerca e università nel mondo, tra cui la Cornell University, e abbiamo cinque piattaforme sperimentali tra Equador, Uganda e Costa d'Avorio».

RESA AUMETATA - Senza trascurare il lato sostenibile di questo genere di agricoltura. «Se per ogni ettaro, invece di 500 chili di cacao gli agricoltori ai quali diamo le piante ricavano 3-4 tonnellate, significa che la produzione ha un minor impatto ambientale», commenta Broun. «L'aumento della resa consente di limitare la deforestazione finalizzata alla creazione di nuove aree coltivabili. Non dimentichiamo, poi, che le varietà appositamente selezionate sono più resistenti e hanno bisogno di meno sostanze fitosanitarie». L'investimento di Nestlé per lo studio di varietà vegetali e per la formazione dei coltivatori è consistente. Con il Cocoa Plan, un progetto di lungo periodo finanziato con 110 milioni di franchi svizzeri (92 milioni di euro) in dieci anni, l'obiettivo è di aiutare le filiere in Ecuador, Venezuela, Indonesia e Costa d'Avorio. Alla fine del 2012 le piantine nate in laboratorio e distribuite ai coltivatori locali, saranno un milione. Dodici milioni in due lustri.
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