Maschio, trentenne, ipocondriaco: praticamente un eroe

Alfredo è di quelli che quando ti incontrano ti chiedono: «Ciao, come sto?». Non egoista ma perennemente raggomitolato sul proprio ombelico, maschio bianco trentenne metropolitano fobico e ipocondriaco, si dice ecologista però si muove solamente in automobile, una Ford d'epoca inquinantissima, dirige una biblioteca comunale milanese e si isterizza, comprensibilmente, quando gli chiedono in prestito L'odore di Suskind o I fratelli Caramazzo o Il giardino dei finti contini, quel libro «che parla della piccola nobiltà fasulla». È colto e aggiornato come il suo presumibile e presunto alter ego Federico Cavina (l'autore di Solo colpa d'Alfredo, Cairo Editore), evidente frequentatore del primo Woody Allen, dello Zuckerman di Philip Roth, del Barney di Mordecai Richler.


Federico Cavina - «Solo colpa d’Alfredo» - Cairo - pp. 320, € 16
Alfredo è alle prese, ovviamente, con tre donne che vuole portarsi a letto: una ex compagna di scuola (Nena, la stramba), una ex fidanzata storica (Madeleine, medico in carriera), una misteriosa collega (Anna, moldava sexy). Lui, naturalmente, è uno che «se nascevo donna potevo risparmiare un sacco di tempo nella vita, perché non avrei dovuto osservare ogni creatura femminile che passa cercando di calcolarne il volume del seno o valutarne le potenzialità di ondeggiamento del bacino. Per non parlare del rischio continuo, in macchina, di tamponare quando vedi una che cammina e ha un bel sedere e non puoi assolutamente fare a meno di voltarti, una volta superata, per vedere se è carina anche di faccia». Alla fine Alfredo riuscirà ad attraversare la «strada» dei sentimenti per abbracciare la ragazza che ama davvero?

Federico Cavina, 39 anni, pubblicitario, milanese. Ha esordito nel 2000 con «Autopista»
Alfredo, come la maggior parte dei maschi trentenni, metropolitani fobici e iperallergici nonché finto-ecologisti, mangia e beve le peggio porcate, e se gli dicono che il salame finirà con l'ammazzarlo sbotta che tutto fa male, bere e mangiare carne, e anche fumare, scopare e lavorare. «Ti rivelo un segreto: vivere uccide. Chi vive muore. Perché la vita è una faccenda da cui non s'esce vivi». Le sue giornate riescono a essere irrequiete e monotone insieme, accompagnate da amici e personaggi bizzarri - ma poi non tanto. Dave, surfista intimorito dall'altro sesso e dal mare. Kanakis, il vecchio rude apolide che maltratta il proprio cane e corteggia le vedove del quartiere. Leibniz, clochard che un giorno fu avvocato. Lucio, l'aiuto bibliotecario, romantico musicista jazz. Già, la musica. Ce n'è parecchia nel mondo di Alfredo, fanatico di blues, un pò troppa, e non ha tutti i torti il responsabile delle biblioteche comunali puntiglioso e sfrangipalle che lo apostrofa al telefono: «Lei usa la musica come rifugio, come terapia per le sue nevrosi. Io l'ho capito, sa? Faccia pure, ma non sul luogo di lavoro». Intanto Alfredo desidera un figlio ma non vuole diventare padre, forse anche perché il padre che ha (Arturo) è un sessantenne esteta in crisi che fuma senza tregua e gli ruba le donne.
Su tutto ciò aleggia il giallo di minacciosi biglietti anonimi lasciati sul parabrezza, citazioni di Nietzsche che terrorizzano l'Alfredo in cerca di stabilità e certezze, come ogni maschio trentenne metropolitano fobico e ipocondriaco che si rispetti.