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I libri più belli del 2011 secondo gli scrittori interpellati dal Guardian

Ultimo Aggiornamento: 31/01/2012 11:54
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31/01/2012 11:54
 
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Pubblicato: 18 dicembre 2011 | Autore: luiginter | Filed under: Lettura, Libri | Tags: Guardian, i libri più belli, i libri più belli del 2011 |5 Commenti »
Anche per il 2011, il Guardian ha chiesto ad alcuni scrittori di scegliere i libri migliori dell’anno. Ormai è quasi un gioco per questo blog, segnalare le liste. Questa degli scrittori è fra quelle che apprezzo di più. Ve ne offro una sintesi, con alcune scelte di qualcuno degli scrittori interpellati:

Roddy Doyle:
Daniel Woodrell, The Outlaw Album (Sceptre): una serie di racconti di uno dei più bravi romanzieri Usa. Di Woodrell ci ha parlato recentemente anche giuliaduepuntozero.

Geoff Dyer:
John Jeremiah Sullivan, Pulphead (FSG, USA): una serie di saggi autobiografici, su star del rock, su altre argomenti, scritti in origine per alcune grandi riviste. Qualcuno lo ha paragonato agli scritti saggistici di david Foster Wallace.

Jonathan Franzen:
Ben Lerner, Leaving the Atocha Station (Coffee House Press): la storia di un giovane poeta americano, instabile mentalmente, dipendente da sostanze stupefacenti e altro che spreca il suo tempo a Madrid.


Nick Hornby:
Joe Dunthorne, Wild Abandon (Hamish Hamilton); Kevin Wilson, The Family Fang (Picador) due romanzi su quel che accade ai bambini quando vivono con genitori consumati da qualcosa in cui credono: il primo è sulla vita in una comunità; il secondo sulla vita con artisti.

Hampton Sides, Hellhound on His Trail (Allen Lane), è la storia della caccia a James Earl Ray, l’assassino di Martin Luther King: ci ricorda, tra l’altro, che gli anni sessanta furono anche anni da incubo negli States, non solo una lunga “summer of love”.

Hari Kunzru:
Teju Cole, Open City (Faber), un vagabondaggio di stile sebaldiano per New York.
David Foster Wallace, The Pale King (Hamish Hamilton), il libro incompiuto di DFW.

Pankaj Mishra:
Yu Hua, China in Ten Words (Pantheon) ironia caustica per guardare la società cinese di oggi.

AS Byatt:
Ali Smith, There but for the, La storia di un uomo che lascia un party noioso e si rifugia in una stanza dalla quale non vuole più uscire.

Jonathan Coe:
Richard Lloyd Parry, People Who Eat Darkness (Jonathan Cape): una ricostruzione dell’omicidio di Lucie Blackman in Giappone, 11 anni fa.

John Banville:
In Harold Bloom, The Anatomy of Influence (Yale), nell’ottantesimo anno, il grande critico americano ritorna su un suo vecchio tema: i grandi scrittori sfidano sempre i loro predecessori.

Julian Barnes:
Alice Munro, New Selected Stories (Chatto & Windus), altri grandi racconti della grande scrittrice canadese.

Sebastian Barry:
Steve Sem-Sandberg, The Emperor of Lies (Faber), una storia d’Olocausto, nel Ghetto di Lodz.

William Boyd:
Claire Tomalin, Charles Dickens: A Life (Penguin Viking). L’anno prossimo saranno 200 anni dalla nascita di Dickens: questa biografia è fra i libri dell’anno più citati da riviste e quotidiani.

Chimamanda Adichie:
Sebastian Barry, On Canaan’s Side (Faber): una donna americana di origini irlandesi ripercorre la propria vita.
Binyavanga Wainaina, One Day I Will Write About This Place (Granta), memoir sull’infanzia e la giovinezza nella classe media in Kenya.

Tracy K Smith, Life on Mars (Turnaround) poesie.

Tariq Ali:
Thomas Penn, Winter King: The Dawn of Tudor England (Allen Lane), un ritratto di Enrico VII, fondatore della dinastia Tudor.

Rodric Braithwaite, Afgantsy: The Russians in Afghanistan 1979-89 (Profile): direttamente dagli archivi sovietici una serie di idee sul perché gli afghani non sopportano le occupazioni straniere.

Elias Khoury, As Though She Were Sleeping (Maclehose Press): Beirut anni Trenta, Palestina prima dell’occupazione, una diversa primavera araba.

Simon Armitage:
Glyn Hughes, A Year in the Bull-Box (Arc Publications): poesie per raccontare il cambio delle stagione, in dettaglio, una meditazione sulla mortalità. Hughes è da poco morto di cancro
Sono bellissimo...
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